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Rievocazione del transito del venerabile Padre Raffaele di Sant'Elia a Pianisi

Sono gli ultimi istanti della vita di un'anima bella: è il tramonto dell'Epifania dell'anno 1901. Le note di un canto sacro natalizio fanno sussultare di intima commozione lo spirito del venerando frate che disteso sul suo giaciglio attende, con devozione specialissima, Gesù per l'ultima visita, e al contempo attende sorella morte che abbracci il suo corpo stanco e sfinito. Non avendo più la forza per recitare l'Ufficio Divino, pregò il chierico concessogli dal guardiano di recitare per lui l'Ufficio ad alta voce, mentre egli ripeteva una dopo l'altra le parole. Leggeva soltanto gli Oremus e nel recitarli sembrava un serafino. Nei giorni precedenti volle comunicarsi tutte le mattine e allorché sentiva il salmodiare dei confratelli che raggiungeva la sua cella mentre si recavano da lui, riuniva tutte le sue forze e assumeva un atteggiamento estatico.

Anche il giorno dell'Epifania del 1901 nelle prime ore del mattino richiese con insistenza di ricevere Gesù Eucarestia per l'ultima volta. Padre Raffaele si era comunicato con la più grande devozione e aveva chiesto e ricevuto con la partecipazione dei confratelli il sacramento degli infermi. È impossibile descrivere il fervore e le lacrime che accompagnarono il Santo Viatico. Da quel momento si era raccolto in uno stato di preghiera che sembrava estasi. Recitava devote invocazioni e di tanto in tanto baciava il Crocifisso. Il giovane frate che lo assistette nell'ultimo giorno di vita racconta: "Domandò l'Estrema Unzione ed entrò quasi in estasi. Ogni tanto mormorava con affettuosità commovente delle giaculatorie e baciava ripetutamente il Crocifisso. Dopo avergli recitato Vespro e Compieta mi chiese dell'uva. Dal grappolo ne staccò tre acini solamente e poi riprese a vivere della sua estasi profonda".

Nel pomeriggio di quel giorno il guardiano del convento con le lacrime agli occhi gli portò a baciare Gesù Bambino. La melodia dei canto dei fedeli riuniti in chiesa che proviene dal vicino coro si ode fino alla sua cella e giunge a cullargli l'anima che va soavemente perdendosi nell'estasi profonda che è il preludio del Cielo. Quella folla, stipata nella piccola chiesa per l'ultima festa del tempo di Natale, non sa che anche il giorno seguente dovrà tornarvi per venerare la memoria del santo vegliardo. I figli della sua terra, che egli tanto ama e dai quali tanto è amato, nel chiamarlo santo, saranno i primi a far eco alla voce degli angeli.

Scende la sera, e ormai tacciono i canti per far spazio al raccoglimento, mentre che all'ultima gioia subentra un'ansia, la preoccupazione per qualcosa che si desidera conoscere e allo stesso tempo non si vorrebbe sapere. Il Monaco Santo è agli estremi, e tutti vorrebbero accedere al santuario della sua cella. Appena si diffonde la notizia delle condizioni di salute dell'umile frate, un unico pensiero domina i primi giorni del nuovo anno e in quelle ore è una voce che passa di bocca in bocca: "Come sta il Padre Raffaele?". È un interesse generale e una domanda che raggiunge tutti e tutti coinvolge. Il santuario della cella di Padre Raffaele si portò idealmente nelle famiglie dove ardevano, con lampade ad olio, lampade vive in preghiera. Padre Raffaele continua a vivere l'intensità della sua estasi e canta l' "Educ de custodia" del Padre San Francesco.

All'ora di cena i suoi confratelli erano andati nella sua cella a salutarlo. Sembrava di essere nella condizione normale senza un minimo segno che la situazione stava per precipitare. I frati scesero tranquilli al refettorio. Al giovane frate che gli stava vicino assicurandogli la sua compagnia, e con la scusa di non aver fame si attardava nello stare nella cella, Padre Raffaele rivolto a lui: "Va' - gli dice - ora vai pure. Scendi tu pure a refettorio con gli altri a cena, lasciami solo con il mio Dio Crocifisso. Ti dico, vai a mangiare, non mi occorre più nulla... Deo gratias". Non gli occorreva davvero più nulla. L'ora dell'incontro con il Signore era giunta. Il pio compagno non si muove, ma continua a prodigarsi in tenerezze infinite mosse dal rispetto per una persona di così santa ed esemplare vita. La giornata era già stata lunga: poche parole ancora dette con il cuore e sommesse da non disturbare. Un sospiro, un ultimo bacio ancora al Crocifisso che stringeva tra le sue mani vecchie e piene di amore donato generosamente, e poi l'abbandono del corpo e dell'anima al riposo dei giusti.

In quel giorno solenne, Padre Raffaele partecipa alla manifestazione del suo Signore a lui, vive la sua gloriosa Epifania. Lascia questa terra che ha amato e servito con fedeltà facendo sue le parole del Santo Simeone: "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli; luce per illuminare le genti e glora del tuo popolo Israele".
Quando i confratelli tornarono nuovamente nella cella di Padre Raffaele, questi era già volato in cielo. I confratelli accorrono alle pietose cure della salma, e chi è dedito ai primi suffragi, effonde l'animo contristato per 'sí preziosa perdita. Era il 6 gennaio 1901, ore 22.

Pubblicato in data 07/01/2020

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